Recensione degli studenti della IV A Scientifico del seminario di Filosofia

    

Recensione degli studenti del IV A Scientifico del seminario di Filosofia Fra Aristotele e Galileo: continuità o discontinuità? La scienza naturale nella tarda scolastica con il Prof. Alliney.

 

DE RERUM MUTATIONE

Il seminario tenutosi nel nostro istituto il 5 novembre con il Prof. Alliney dell’Università di Macerata dal titolo Fra Aristotele e Galileo: continuità o discontinuità? La scienza naturale nella tarda scolastica si è articolato nel tentativo di trovare risposta alla domanda espressa dal titolo declinata nell’interrogativo posto dal professore come incipit della sua relazione: “C’è stata o no una rivoluzione scientifica tra Aristotele e Galileo?”          

Si è introdotto così il termine “rivoluzione”, parola chiave della conferenza, ovvero “momenti in cui si cambia radicalmente la visione del mondo” costituita da paradigmi. Il relatore ha fatto infatti  riferimento al pensiero di  Khun e alla sua opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) con cui il filosofo epistemologo statunitense si allontana dalla visione della scienza per accumulo proposta da Popper verso una concezione paradigmatica fatta di rivoluzioni e rotture incommensurabili.

“Con tale termine – dice Khun – voglio indicare conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni a coloro che praticano un certo campo di ricerca.” Il modello comincia a sgretolarsi con la presenza di anomalie che impediscono di trovare una soluzione nel paradigma stesso. Quando la teoria è esplicativa a tal punto che queste irregolarità possono essere avallate vengono introdotte le ipotesi ad hoc. Con il consenso sulla validità dei paradigmi si stabilisce la scienza normale.

A questo punto, sempre per rispondere alla domanda iniziale, il relatore mette in gioco modelli epistemologici diversi da quello di Khun, riferendosi al pensiero dello psichiatra Igor Grant e del sociologo Francis Stuart Chapin. Il primo spiega gli sviluppi della fisica medievale fino a Galileo chiedendosi in che modo e in che tempo si possa parlare di aristotelismo scolastico dal momento che vari studiosi, già a partire dall’età tardo-antica, si erano allontanati dai concetti fisici primitivi dettati da Aristotele.

 

Quando Aristotele scrive la Fisica parla di mutamento spiegato con l’identità, il sostrato, che non ha forma prima, e la privazione che è in potenza di diventare forma. Questa metodologia unitaria non funziona adeguatamente nel caso del moto violento il quale si oppone al movimento naturale dei corpi. Secondo Aristotele, quindi, il mezzo nel quale il corpo si muove svolge due ruoli opposti, quello di motore e quello di resistenza, di conseguenza si crea una contraddizione.

A distaccarsi di molto da questa teoria è Filopono (490-570 d.C.), con il quale si arriva all’idea dell’esistenza di una forza inerente al corpo lanciato, ovvero la teoria dell’impetus. Questo modello ammette quindi l’esistenza del moto nel vuoto il quale viene definito infinito; al contrario nella realtà esso è dissipativo. La teoria dell’impetus ha dunque uno sviluppo anche nel Medioevo.

Facendo riferimento alla rivoluzione copernicana, che Khun interpreta come passaggio tra due paradigmi incommensurabili, alcuni studiosi ne evidenziano invece la continuità notando come il passaggio al sistema eliocentrico sia stato più graduale di quanto ci si aspetterebbe. E’ ciò che afferma Chapin, il quale indaga anche l’aspetto metodologico della Fisica post galileiana. Egli teorizza due diverse applicazioni del metodo scientifico: quello di Boyle, basato sull’attenta osservazione dei fenomeni seguito dalla verifica sperimentale, e quello newtoniano che predilige l’uso della matematica per descrivere i fenomeni fisici. Dunque, conclude il Prof. Alliney utilizzando la prospettiva di Chapin ,” non c’è una rivoluzione non perché non ci sono cambiamenti, ma perché non c’è un’unità delle scienze”.

Al di là della visione paradigmatica di Khun, dunque, non vi sono modelli di ricerca che si succedono ma coesistenza di metodologie che convivono nello stesso momento. Questa è la vera novità rispetto alla scienza aristotelica: la dispersione metodologica.Questa, peraltro, trova una sua origine già nella tarda scolastica con la parcellizzazione delle scienze. Tale molteplicità di modelli ci richiama inoltre la visione del “multifocal approach” con cui il Prof. Migliori aveva letto la filosofia platonica-aristotelica: la realtà non può ridursi ad un unico approccio, ma  contiene varie sfaccettature.

Sofia Ciarrocca, Marta Malatini, Marco Meduri, Irene Mogliani, Gaia Paccapelo,  Jacopo Rossi ( IV A Scientifico)

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